La Sala detta “di Mercurio” è la prima stanza che s’incontra al piano terra dell’Ala sinistra di Villa Palazzoli. Presenta un ingresso indipendente che si affaccia sull’atrio centrale d’ingresso della Villa e comunica con la Sala detta “delle Lesene”. Deve il proprio nome al decoro pittorico che abbellisce l’estremità superiore delle pareti e presenta medaglioni recanti l’effige del dio romano Mercurio.
Etimologicamente, il nome “Mercurio” viene a porsi in relazione con il verbo latino mercari e, in tale declinazione linguistica, alluderebbe all’ancestrale funzione del mercato intertribale, facendo assumere alla divinità la significanza di dio delle relazioni fra gruppi differenti.
In tale prospettiva Mercurio diviene perciò protettore dei mercanti, nella cui azione di commercio e contatto si esplica la relazione tra gruppi diversi, e, in senso più generale, dei viaggiatori, che debbono, giocoforza, entrare in rapporto con l’estraneità.
Quale dio della ricchezza, la testa di Mercurio compare su monete in bronzo e argento, mentre la sua figura trionfava sulle insegne delle botteghe, in segno di auspicio a buoni affari.
Nella Sala Prima di Villa Palazzoli, il decoro a medaglioni recante la testa di Mercurio rimanda primariamente al concetto di ricchezza, anche nella dimensione affaristica che implica il contatto di scambio interculturale, rappresentato altresì nell’ideale di viaggio tra mondi, culture ed esperienze.
I Palazzoli, peraltro, si distinsero nei secoli XVIII-XIX per importanti attività produttive e commerciali, in primis la produzione e il commercio della seta ed anche l’attività bancaria, come risulta comprovato da documenti, marchi e matrici tutt’ora conservati, alle quali si aggiunsero in seguito l’allevamento di cavalli e la vivaistica.
Sono altresì presenti due porte squisitamente decorate dal nonno materno della Proprietà, Palazzoli Giorgio, in una palette cromatica ispirata alle pitture originali della Sala. L’ambiente è completato da un camino in marmo “Botticino”, recuperato all’originario funzionamento.
La Sala detta “delle Lesene” è la seconda stanza che s’incontra al piano terra dell’Ala sinistra di Villa Palazzoli. Presenta un ingresso indipendente che congiunge alla parte laterale della Villa e comunica con la Sala detta “di Mercurio”. Anch’essa deve il proprio nome al tema decorativo che ne impreziosisce le ampie pareti e che è costituito da un successione di lesene a fusto scanalato: come noto, si tratta di elementi riconducibili a un ordine architettonico che sono addossati a parete e consistono in un fusto a pianta rettangolare, appena sporgente dalla parete stessa, con propri capitelli e base.
L’etimologia del termine “lesena” sembra provenire dal lombardo nonché giustappunto dal veneto lésena, con significato di “pilastro”, “aggetto”, che a sua volta deriverebbe dal latino regionale láxeuma e dal greco antico λάξευμα (láxeuma) “scultura in pietra”, un grecismo dell’Esercato di Ravenna.
Il decoro a ordini applicati a parete presente a Villa Palazzoli riprende una consuetudine decorativa già presente nell’architettura greca e successivamente romana, allorquando fu internamente impiegato per la decorazione delle pareti interne degli spazi pubblici coperti, quali portici e celle templari. Al riguardo, anche la Sala Seconda di Villa Palazzoli si distingueva per una destinazione per così dire “pubblica”, essendo stata concepita per il ricevimento e il convivio.
Ancora, la Sala Seconda presenta l’ulteriore decorazione di formelle sovrapporta recanti rilievi con trionfi vegetali di foglie d’acanto. Come risaputo, l’ornamento di acanto si rinviene nell’architettura della Grecia antica sia quale decorazione vegetale degli elementi architettonici sia nel capitello d’ordine corinzio. La composizione di trionfi di foglie d’acanto che fuoriescono e si avviluppano a vasi d’ispirazione classica, presente nella Sala Seconda di Villa Palazzoli, rimanda a Vitruvio il quale sosteneva che l’ordine corinzio fosse stato inventato da Callimaco, scultore ed architetto greco, che sarebbe stato a ciò ispirato dalla vista di un cesto votivo, lasciato sulla tomba da una giovinetta: in esso, una pianta d’acanto era cresciuta attraverso gli intrecci della paglia. Ancora, in epoca augustea si diffuse l’uso delle girali d’acanto per fregi e rilievi a decorazione vegetale, anch’esse presenti nel decoro della Sala Seconda detta “delle Lesene”. L’acanto reca un forte valore simbolico dato che si pone in relazione con l’antica propaganda augustea di un ritorno all’età dell’oro e al culto del dio Apollo. Quale dio delle arti, della musica, della poesia nonché delle arti mediche e della scienza che illumina l’intelletto, il culto di Apollo ben si ricongiunge alla vocazione originaria di Villa Palazzoli, concepita come luogo di svago, di cura del corpo e dell’animo, di esercizio delle arti, ma anche di pacata riflessione vivificante le espressioni multiformi dell’intelletto dei proprietari e di quanti vi avrebbero soggiornato.
Le quattro porte della Sala, con relativo corredo di maniglie a pomello girevole, sono di epoca Impero. E’ presente un camino in marmo “Rosso di Verona”, recuperato all’originario funzionamento.
La Sala detta “delle Stagioni” è la prima stanza che s’incontra al piano primo dell’Ala sinistra di Villa Palazzoli. Comunica con la Sala detta “Biblioteca” e con la Sala detta “Poligonale”, collocandosi nel mezzo delle medesime.
Alle pareti è ripreso il tema decorativo delle lesene di ordine corinzio, le quali nella Sala Terza detta “delle Stagioni” sono ulteriormente impreziosite da decori in colore oro, tonalità che si ritrova anche nell’ampio progetto pittorico del soffitto sul quale si snodano fregi a guisa di gemme incastonate in volute anch’esse d’oro, che congiungono otto medaglioni con scene di stagioni e attività.
Il soffitto appare illuminato dalla vividezza del blu in contrappunto all’oro, che sfuma poi nelle nuance del verde e del rosa attraverso lo sviluppo delle volute di decoro. Le scene rappresentate rimandano al concetto compositivo delle vedute campestri e delle scene proprie allo stile di pittura scaturito dall’esperienza europea del Gran Tour.
Al riguardo, proprio l’Ing. Arch. Luigi Trezza, cui era stata affidata nel 1822 la ricostruzione del palazzo del Nobile Luigi Castellani divenuto poi Villa Palazzoli, aveva intrapreso anni prima, pur già affermato nella carriera, un viaggio di studio della durata di sette mesi ponendosi come meta privilegiata Roma e unendovi escursioni a Caprarola, Tivoli, Frascati, e soprattutto nel Regno di Napoli. L’itinerario si snodò, all’andata, attraverso la Toscana, con soste a Firenze, Pisa, Livorno e Siena; al ritorno, invece, seguì la via dell’Adriatico, da Ancona a Ravenna, Rimini e, infine, lungo l’asse della Via Emilia, toccando Cesena, Bologna, Modena, Parma e Reggio.
A testimonianza del suo Grand Tour, il Trezza lasciava il prezioso taccuino manoscritto conservato presso la Biblioteca Civica di Verona, un racconto di cinquecento pagine, denso di descrizioni e commenti, arricchito con illustrazioni, piante, schizzi, dettagli, dai quali emerge l’ampio spettro di interessi del fecondo architetto veronese.
L’esperienza di studio architettonico accumulata attraverso il viaggio lungo l’Italia, con particolare riguardo alla grande lezione della cultura classica e alla visione paesaggistica derivata dalla visita dei molti luoghi, sembra essersi riversata proficuamente nella sala più rappresentativa di Villa Palazzoli.
La Sala detta “Poligonale” è la seconda stanza che s’incontra al piano primo dell’Ala sinistra di Villa Palazzoli. Comunica con la Sala detta “delle Stagioni”, attraverso un uscio intercomunicante corredato di maniglia a testa di cigno, di epoca Impero.
Peculiarità della Sala è la pianta della stessa in forma di poligono, dalla quale ne deriva l’appellativo, creata mediante una coppia di porte angolate, posizionate lungo la dimensione maggiore interna della stanza.
Il lineare decoro del soffitto riprende lo sviluppo geometrico della sala, declinando, attraverso nuance di colore contrastanti, l’azzurro, il rosa e il giallo tenue, ampie campiture orizzontali in alternanza al movimento ombreggiato di cornici di contenimento e bordatura.
I cromatismi scelti riprendono, in tono più pacato e con ispirazione decorativa statica, l’eclettica decorazione della Sala detta “delle Stagioni”, sostituendo l’azzurro al blu, il rosa al rosso, e al rosa più acceso, il giallo tenue all’oro, in una sorta di tramonto coloristico che diviene contrappunto alla brillantezza cromatica del decoro della Sala “delle Stagioni”. E l’ispirazione di ciò viene confermata dall’esposizione stessa delle sale alla luce del sole, giacché, mentre la Sala delle Stagioni riceve la luce del mezzogiorno che la inonda facendo rilucere i decori dorati, la Sala Poligonale gode del morbido chiarore del pomeriggio che viene accolto sino al tramonto, in virtù dell’affaccio laterale, rarefacendone i bagliori in pittura monocromatica.